Powered By Blogger

lunedì 30 marzo 2015

App e tracciabilità per mangiare sano


Per chi risiede in una città di medie-grandi dimensioni la scelta del posto dove fare la spesa o dove recarsi per consumare un pasto, per lavoro o per piacere, è sempre molto ampia. Invece, per chi abita in una piccola città, oppure in un paese, le opzioni sono più limitate. Ora, almeno per i primi, la tecnologia mette a disposizione dei tool per capire se ciò che mangiamo, in base al ristorante o al supermercato, è sano e ci fa vivere il nostro futuro in tranquillità. E quindi indirizzarli in un posto dove gusto fa rima con salute. Ma non è escluso che una simile possibilità possa estendersi anche ai residenti di realtà urbane più piccole.

All’estero ci sono alcune città dove, mediante smartphone, gli abitanti e i visitatori di passaggio possono  controllare come i ristoranti se la sono cavata durante le ispezioni sanitarie. Succede ad esempio a Sacramento, in California, dove tra le numerose Smart Cities Apps è possibile trovare uno strumento piuttosto immediato per scoprire se un ristorante non ha una storia “fortunata” circa i controlli che ha subìto. L'applicazione include report anche su bar, negozi di alimentari, mense scolastiche e la maggior parte delle strutture che offrono da mangiare al pubblico.

A Chicago invece stanno già utilizzando i big data per individuare ristoranti a rischio per la salute. Questo approccio tramite analisi predittiva è stato utilizzato in un recente studio pilota che mediava i dati ottenuti dalle ispezioni sanitarie con la longevità di quell’esercizio commerciale. L'obiettivo era di indicare i ristoranti meno sicuri ai cittadini, ma anche per stabilirne la priorità per gli ispettori del servizio di igiene: in tal modo circa 15000 ristoranti di Chicago possono essere verificati sulla base della loro storia negativa piuttosto che con un semplice appuntamento casuale. E’ un passo avanti rispetto alla recensioni dei ristoranti sui vari siti di settore, dove comunque è facile da parte dei ristoratori inventarsi utenti dummy che hanno trovato divina la loro cucina.

Utilizzando uno smartphone per la scansione di un codice a barre sulla frutta, gli acquirenti di generi alimentari in Cina possono controllare il suo viaggio dalla pianta al supermercato, determinando se c’è stata una qualche forma di contaminazione lungo la strada. In un paese con più di un miliardo di persone e una catena di approvvigionamento alimentare complessa, non è affatto semplice avere controlli regolari. Così qualche grosso produttore sta usando i propri dati di tracciabilità per fornire ai consumatori informazioni accurate e trasparenti, messi a disposizione su un qualsiasi dispositivo in rete. Si tratta comunque di una naturale conseguenza di come utenti ed avventori siano diventati più esigenti circa la qualità, di come il loro rispetto e quindi la genuinità dei piatti e degli alimenti sia un biglietto da visita fondamentale. Proprio per questo produttori e fornitori alimentari hanno implementato tali sistemi di tracciabilità, che permettono di monitorare in tempo reale la condizione delle merci, in tutte le fasi della catena di approvvigionamento.  

A noi paladini della dieta mediterranea può sembrare strano che paesi come USA e Cina siano così attenti e sensibili a queste tematiche. Naturalmente strano non è. Avere un’alimentazione che si basa su prodotti scientificamente migliori dei loro non è affatto sufficiente a cautelarci. Anche perché le contraffazioni sono all’ordine del giorno, e pure su questo tema la tecnologia può fare davvero tanto (qui avevo scritto di una proposta per marcare l’olio extravergine d’oliva con delle nanoparticelle). Circa le etichettature sui prodotti con precise indicazioni di provenienza negli ultimi anni le legislazioni stanno virando verso traiettorie migliori. Sarebbe utile ancora di più rendere trasparenti le politiche di approvvigionamento di ogni punto vendita, dei vari ristoranti, chioschi, fast-food: in futuro potremmo andare a cena fuori facendo qualche chilometro in più ma con delle incertezze in meno su cosa mangiamo e sulla serietà del ristoratore che abbiamo scelto.



lunedì 16 marzo 2015

Modifiche sul DNA umano: il disaccordo di alcuni scienziati


Una parte della comunità scientifica mondiale è seriamente preoccupata sugli esperimenti che si stanno compiendo sul DNA di embrioni umani. Pochi giorni fa sulla rivista Nature è apparso un articolo firmato da 5 scienziati, coordinati da Edward Lanphier, presidente della Alliance for Regenerative Medicine, sita a Washington DC: nell’articolo si invitano tutti i colleghi a rifiutare con fermezza le modifiche di embrioni, anche se per il solo scopo della ricerca.

La manipolazione dei geni in biologia e medicina si può dire sia iniziata nel 1978 quando gli scienziati Arber, Nathans e Smith hanno ricevuto il Nobel per la Medicina grazie alla scoperta degli enzimi di restrizione e la loro applicazione ai problemi di genetica molecolare (qui una lettura per chi volesse approfondire). Nascevano l’ingegneria genetica e le biotecnologie. Dopo il clamore iniziale qualcuno ha posto domande sull’etica di questi lavori, ma le ricerche sono comunque proseguite, anche con studi degni di nota, quale il Progetto Genoma Umano, compiuto dal ’90 al 2000 per determinare la sequenza completa costituente il DNA dell’uomo. 

Ora però Lanphier e soci temono che gli esperimenti stiano sfuggendo da ogni sorta di controllo e che vengano fatti non solo a fini terapeutici. In realtà alcuni gruppi stanno già utilizzando strumenti di modifica dei geni per sviluppare terapie che correggono dei difetti genetici a persone (ad esempio correggendo i globuli bianchi). Il timore dei firmatari l’articolo viene anche dal fatto che la reazione pubblica nel conoscere tali usi impropri possa portare a chiudere completamente le ricerche e fermare le tecnologie medico-scientifiche di questo settore, anche quelle a scopo benefico e curativo. Perciò propongono di fare una grande riflessione al riguardo e decidere insieme le linee guida per il futuro.

Già su Science nello scorso gennaio era stata pubblicata una discussione sull’approccio alla linea germinale, ossia quelle cellule mature che posseggono tutti i fattori genetici trasmissibili ad un discendente, come gli spermatozoi e gli ovuli. La discussione verteva sul fatto che le alterazioni della linea germinale sono permanenti, quindi hanno bisogno di accurate e soppesate valutazioni prima di essere eseguite.

Ci sono però degli scienziati che non abbracciano queste tesi perché, secondo loro, il potenziale insito in queste ricerche al fine di debellare malattie ereditarie è molto grande. Sia in Cina, dove la legge vieta questi esperimenti, che in USA, dove invece sono permessi, alcuni istituti proseguono le prove, ufficialmente per il solo fine curativo. Succede ad esempio alla Shanghai Tech University, nella quale una pubblicazione ha evidenziato i risultati ottenuti modificando i geni di embrioni di scimmie. Oppure presso l'Istituto Salk di La Jolla, in California, dove si lavora su ovuli non fecondati per eliminare certe mutazioni patogene sui mitocondri. Inoltre nel paese del Sol Levante sono stati scoperti casi di selezione del sesso nell’embrione mediante ultrasuoni. Anche in Italia, nel nostro piccolo, abbiamo avuto un’esperienza “forte” con la storia delle cellule staminali.

Davanti ad una miriade di casi è difficile regolamentare gli esperimenti, dare una possibilità ad una tecnica piuttosto che ad un’altra. La ricerca deve continuare, ma riuscire a dire con certezza qual è il confine tra lo scopo terapeutico e quello, inquietante, in cui si progettano gli esseri viventi non è affatto agevole. Probabilmente ogni applicazione in cui si modificano i geni, soprattutto se si tratta di cellule mature, va valutata con il massimo approfondimento, calcolando se i rischi per la comunità superano il possibile beneficio al paziente.




mercoledì 11 marzo 2015

I parcheggi smart del futuro


Il parcheggio, questo sconosciuto. Lo conosciamo bene perché sappiamo come cercarlo, ma a volte ci mettiamo così tanto tempo che quasi ce ne viene la nostalgia. Libero con strisce bianche è meglio, ci evita di pagare una tariffa che vorremmo evitare, specie per soste lunghe, cosa che in alcune grandi città sta diventando un’utopia. Uno studio europeo della APCOA Parking, azienda del settore, ha calcolato una media di 15 minuti nelle più importanti città italiane e tre chilometri di giri inutili per trovare un posto auto. E in alcune occasioni 15 minuti andrebbero già bene. La tecnologica Germania non sta tanto meglio di noi. In una giornata tipica, ogni autista spreca circa 1,35 € di combustibile ed emette circa 1,3 kg di CO2 alla ricerca dell’agognato parcheggio. Per non dire delle conseguenze dovute allo stress e alla  congestione del traffico.

Ora la Siemens sta lavorando ad una soluzione completa in grado di utilizzare speciali sensori per aiutare gli automobilisti a parcheggiare in modo rapido, in modo che le città abbiano maggiori fluidità nel traffico, almeno per quello dovuto a questa spasmodica ricerca. La soluzione della multinazionale teutonica combina un app per smartphone con sensori radar montati sui lampioni urbani, sensori di dimensioni molto contenute in grado di rilevare non solo le auto parcheggiate, ma anche biciclette e altri mezzi. Quando i conducenti sono abbastanza vicini alla loro destinazione, l'applicazione cerca i posti auto disponibili e un display dà le indicazioni per arrivarci. I dati del sensore vengono inviati ad un centro di raccolta dati che fornisce delle informazioni preziose sull’utilizzo dei parcheggi in città. Inoltre, fatto significativo per le strade del bel paese, il sistema può notificare anche macchine lasciate nel posto sbagliato, tipo divieto di sosta, doppia e tripla fila, su pista ciclabile (e mi fermo per pudore) e ha la possibilità di inviare un messaggio al vigile in zona che verifichi ed eventualmente sanzioni il furbo di turno.

Siemens ha progettato il sistema in modo che le città possono implementarlo con il minimo sforzo. In altri dispositivi simili i sensori devono essere sepolti nella pavimentazione stradale, con relativi lavori e piccoli cantieri: invece questo nuovo sistema è facilmente installabile sui pali della luce, dove naturalmente la sorgente di energia elettrica è già presente, magari in occasione della sostituzione delle lampade tradizionali con quelle a basso consumo. Le prime prove verranno effettuate a Monaco di Baviera e a Berlino nelle prossime settimane, poi partirà un progetto pilota a Dubai entro la fine dell'anno. In futuro, si potrebbe facilmente aggiungere un tag RFID che comunica tra auto e sistema per addebitare in automatico l’eventuale costo del parcheggio, senza andare in cerca del parchimetro (altra cosa non sempre vicina all’auto e talvolta soggetta a vandalismo).

La mobilità intelligente sta diventando una tematica sempre più scottante. Si lavora su molti fronti, dalla intermodalità, ossia un viaggio fatto su più infrastrutture ottimizzate in funzione delle esigenze di spostamento, fino alla green mobility, dove si privilegiano gli spostamenti con emissioni prossime allo zero (come sarebbe logico viste le condizioni climatiche planetarie). Qualche grande città sostiene iniziative da tempo ed altre, anche se con ritardo, stanno partendo. Il caso dei parcheggi per auto qui riportato non è però indipendente dalla sensibilità del cittadino e dalla sua volontà ad accettare un compromesso tra il miglioramento collettivo e questioni personali, come la privacy e forse un piccolo costo del servizio. Ma soprattutto si lega alla forte volontà politica di migliorare la vita nelle nostre città. Dite che ci riusciremo ?




martedì 3 marzo 2015

Un tapis roulant può dirci se vivremo a lungo


Nonostante i progressi in campo medico e scientifico degli ultimi anni, non c’è ancora modo di sapere quanto vivremo, conoscendo la nostra storia clinica. E questa può essere una fortuna. Ciò che invece può servire per migliorare la qualità della vita e, se possibile, allontanare il più possibile l’ora fatale, è uno strumento o un metodo che ci dica se stiamo sbagliando in qualcosa e ci faccia correre ai ripari. Alla scuola di cardiologia della John Hopkins University di Baltimora hanno realizzato un algoritmo che può aiutarci proprio per questo, ricavando dalle prove storiche da sforzo cardiaco di moltissimi pazienti un collegamento con l’involuzione della loro salute nel decennio successivo. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista di settore Mayo Clinic Proceedings.

I test da sforzo solitamente rilevano la capacità del cuore e dei polmoni di rispondere ad uno stress fisico e vengono condotti su un tapis roulant o su una cyclette. Sul tapis roulant si procede aumentando anche la pendenza, così da affaticare la nostra pompa sanguigna e registrarne il comportamento mediante elettrocardiogramma (ECG). Il referto parla di cuore e condizioni normali, oppure di varie sintomatologie che costringono il paziente ad ulteriori indagini. Partendo dal fatto che il test dà risultati abbastanza semplificati, i medici di Baltimora sono riusciti a legare lo sforzo fisico, oltre che all’età e al sesso, anche al MET, un indicatore metabolico equivalente per esprimere il costo di un esercizio in termini di energia ed ossigeno consumati. Ad esempio il MET ha un valore di circa 3 per una passeggiata, ma raddoppia o triplica per questi test.

Così hanno analizzato informazioni su circa 58000 persone non in buona forma, di età compresa tra i 18 e i 96 anni, che avevano condotto il test nel Michigan tra il 1991 e il 2009, a prescindere da qual era la causa per cui gli era stato consigliato di farlo. Il passo successivo è stato di abbinare i dati registrati con gli eventi negativi sulla salute di quelle persone, in particolare se erano mancati. Ne è venuto fuori un quadro sorprendente: quando il livello di forma cardiaca e fisica in generale era risultato basso usando il MET, il paziente nei dieci anni successivi aveva avuto un quadro clinico peggiorato e in alcuni casi era deceduto. Il test cardiaco, almeno per queste persone, si è rivelato un buon indicatore della vita futura, anche più dei comuni collegamenti con il diabete o altre malattie a carattere familiare. L’algoritmo sviluppato ha generato un punteggio da -200 a 200, dai grandi negativi ad alto rischio ai grandi positivi a basso rischio. Si è visto, ad esempio, che tra i pazienti con risultato maggiore di 100 ne sono morti solo il 2% nel decennio successivo al test, mentre tra quelli con risultato minore di -100 la percentuale dei deceduti è salita al 38% !

Secondo i ricercatori, il metodo di calcolo determinato permette di individuare meglio le complesse problematiche cardiovascolari, dato che l’ECG da sforzo attuale ha solo una classificazione sano/ammalato. Inoltre sarebbe un segnale chiaro e significativo per illustrare il rischio a coloro che si sottopongono a test di stress, spingendo le persone con risultati bassi a cambiare stile di vita. Ma, tutto sommato, può servire anche a chi sta bene, rimarcando ancora una volta la crucialità di cuore e polmoni e la massima cura che dovremmo avere per questi organi. Che, in altre parole, vuol dire più prevenzione e maggiore attività fisica.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-03/jhm-tpp022615.php ; per chi volesse, qui maggiori informazioni sul MET)