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giovedì 10 agosto 2017

La musica non dà da mangiare


Una volta ho sentito dire da uno dei Pooh, Roby Facchinetti credo, che suonare è sempre meglio che lavorare. All'inizio quest'affermazione mi aveva lasciato perplesso, pareva quasi una mancanza di rispetto verso chi si spacca la schiena (fabbrica o campagna, per intenderci), o verso qualsiasi tipo di impiego con pochi divertimenti e tanta responsabilità. Ma poi ho compreso e il tempo mi ha permesso di capire un concetto fondamentale: lavorare con le proprie passioni non è mai un peso. Può esserlo a tratti, ma il sorriso e le soddisfazioni che regala non ha eguali.

Come forse saprete, e se così non è vi faccio un ripassino, la musica è uno dei pilastri fondanti della famiglia da cui discendo. Per inciso, provenire da una famiglia non fa solo parte del passato, come va affermando certa gente, ma significa portare nel presente e tramandare nel futuro gli stessi valori che ci sono stati insegnati, o almeno provarci. Le sette note, dicevo. Croce e delizia di molte umane menti. Croce per chi, almeno alcuni decenni fa, veniva spinto a studiare senza averne le attitudini, delizia per quelli che invece ci riuscivano con un qualche risultato. Ma la vera forza della musica, a mio modesto parere, viene dalle emozioni che regala, dal suo linguaggio comprensibile e trasversale a popoli e generazioni, linguaggio che, pur rinnovandosi in forme e modi, non smette di illuminare quei tratti di grigio cammino che ci capita di percorrere.

Tra i miei affini, gli strumenti musicali si sono avvicendati fino a costituirne quasi una pletora, suonati da professionisti o da dilettanti, tutti però accomunati da una sfrenata passione. Pianoforte, violino, chitarra, classica ed elettrica, trombone, batteria, voce, fisarmonica, mandolino, banjo, e temo di averne dimenticato qualcuno. Ah, certo, ora ricordo, ve ne è da aggiungere uno senza nome ma che devo citare assolutamente. Mio nonno materno, quando la vecchiaia aveva superato maturità e saggezza, se cantava da solo o se c'era della musica intorno a lui, ritmava il tempo con la mano, sull'armadio adiacente alla poltrona ove era seduto, alternando la parte bassa del palmo, in corrispondenza del carpo, con i polpastrelli. Ad averne avuto la possibilità, la cosa si poteva brevettare e ora avremmo in tasca dei franchi svizzeri.....

Ma la musica è anche una cosa seria. Non seriosa, seria, il che è diverso. Ha bisogno di cura maniacale nello studio, nell'esecuzione, nella messa a punto di ogni singolo dettaglio. Se poi parliamo di composizione, le regole diventano ferree, così come diventano più egregi risultati e compiacimenti. Ora, alla composizione aggiungete la direzione d'orchestra e ottenete un mix di grandezza per pochi. Specie se, al cugino che ci è riuscito, da piccolo avevano sempre detto "la musica non dà da mangiare", espressione in un italiano bruttino per dire "trovati un lavoro concreto", che il fesso di Tremonti ribadì affermando "con la cultura non si mangia". Ma lui non si è fatto mai intimorire da quest'aura di troppo pragmatismo che lo circondava (anzi, l'avrà preso come una sfida), ed ha raggiunto traguardi molto importanti. Traguardi che non possono misurarsi con dischi venduti (che pure ha inciso), con mp3 scaricati, con numero di visualizzazioni o like, semplicemente con l'orgoglio e la classe che la famiglia, la sua città, quelle vicine e diversi posti del mondo sanno riconoscergli.  

Ma io purtroppo ieri sera non c'ero. In ogni caso, Grazie Maestro !



PS Serene vacanze a tutti! Mi leggete a Settembre :-)

martedì 1 agosto 2017

Abbiamo più memoria di quanto crediamo


Se cercate in un qualsiasi motore di ricerca sul web (lo so, usate solo Google come me, facevo per dire) le parole chiavi "DNA memoria" verranno fuori all'incirca 610.000 risultati. Scorrendo i risultati si trovano notizie interessanti, da quanta memoria può contenere il nostro acido desossiribonucleico, passando per studi di neurologia, fino all'accoppiamento strambo (ancora per poco) tra DNA e hard-disk.  In ogni caso è un binomio fino a qualche anno fa impensabile, di cui ultimamente si inizia a discutere in modo più serio.

I primi esperimenti di successo in questo campo sono stati fatti nel 2012, quando alla Stanford University sono riusciti a convertire filamenti di DNA in un sistema di memorizzazione riscrivibile. Il risultato finale è stato una struttura con diverse sezioni che possono essere tagliate e incollate chimicamente, con un procedimento di scrittura ripetibile più volte. In quella occasione gli scienziati pensarono ad un DNA riscrivibile all'interno di sistemi biologici sintetici e non come hard disk genetico. Probabilmente si sbagliavano, visto i recenti esperimenti realizzati da alcuni ricercatori di Harvard.

In questa università di Cambridge, infatti, i ricercatori hanno utilizzato il sistema CRISPR di editing dei geni per inserire un'immagine animata di tipo GIF nel DNA di alcuni batteri viventi, della famiglia Escherichia coli. Per farlo, hanno convertito i singoli pixel di ogni immagine costituente la GIF in nucleotidi, i blocchi di costruzione del DNA. è stata scelta l'immagine di un cavallo galoppante col suo cavaliere, del fotografo inglese Muybridge, che realizzò le prime fotografie animate negli anni '70. La trasformazione in immagine è stata effettuata sequenziando il DNA batterico, ossia imponendo la sequenze delle basi azotate che lo compongono. Successivamente hanno ricostruito la GIF con un'accuratezza del 90%, leggendo il codice nucleotidico dai pixel, ossia facendo il procedimento inverso.

Il metodo è specifico per i batteri ma, a detta degli scienziati, rappresenta un modo scalabile per ospitare informazioni in cellule viventi, comprese quelle umane. Pensate un po', allargando l'orizzonte temporale di questi esperimenti, un giorno potremo conservare nei geni ogni informazione su noi stessi. Vi sembra fantascienza? Il genetista di Harvard George Church afferma invece che in futuro potrebbe essere possibile. Con tutta la mole di dati digitali generati quotidianamente, gli scienziati vedono il DNA come un modo compatto e duraturo per memorizzarli. D'altro canto, le informazioni che il genoma si porta dietro provengono da centinaia di migliaia di anni fa e può ancora essere estratto e sequenziato in laboratorio.

La GIF usata ad Harvard, composta da soli 36 per 26 pixel, rappresenta una quantità molto piccola di informazioni, sia in confronto alle comuni foto (mediamente da 4000x3000 pixel in su) che se paragonata con quanto codificato nel DNA sintetico, grazie ai citati studi del 2012. Pare però che sia molto più impegnativo inserire informazioni sui generis in cellule viventi rispetto al DNA sintetizzato, perché le cellule vive sono sempre in mutamento. Naturalmente memorizzare un'immagine era il modo più semplice per testare il metodo, ma non è escluso che più avanti sarà possibile con altri tipi di file.

Quali le prospettive future? Raccogliere dati in cellule viventi come i batteri consente di proteggerli molto bene. Ad esempio, alcuni batteri continuano a prosperare dopo esplosioni nucleari, ma anche in seguito ad esposizione alle radiazioni o a temperature estremamente elevate. Inoltre la tecnica, al di là dei Giga o Terabyte che permetterà di memorizzare, potrebbe rivelarsi un utile strumento di ricerca, registrando eventi molecolari che guidano l'evoluzione di alcuni tipi di cellule, come la formazione di neuroni durante lo sviluppo del cervello. Una sinergia vincente, dunque, ottenuta grazie all'interazione tra biologia e informatica, tra il mondo analogico degli esseri viventi e quello digitale artificiale. Aumenterà la nostra capacità di memoria? Ne possederemo la parte dinamica nell'encefalo e quella statica nel DNA? Sarà forse il modo per tramandare ai nostri posteri chi siamo e da dove veniamo, specie se qualche evento catastrofico, naturale o per mano dell’uomo, dovesse spazzarci via quasi completamente.



(fonte https://www.technologyreview.com/s/608268/scientists-used-crispr-to-put-a-gif-inside-living-dna/; a questo stesso link trovate l’animazione del cavaliere a cavallo usata negli esperimenti; si ringrazia il sito https://phys.org per la gentile concessione della foto)