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lunedì 11 settembre 2017

Identificare la demenza con i videogiochi


I videogiochi sono un punto di scontro generazionale. Essendo usati dalla maggior parte di bambini ed adolescenti, trovano terreno ostile da parte dei relativi genitori, i quali li vorrebbero impegnati su fronti diversi e non solo su quello digitale. Naturalmente parlo per esperienza diretta, per quanto mio figlio non trascorra intere giornate alla consolle. La verità sta nel mezzo, dato che per molti ragazzini si tratta di un modo di mettersi alla prova, anche se non dovrebbe essere l'unico. A questo si aggiunga che la generazione precedente, quella dei genitori appunto, tende a ragionare con gli schemi di qualche tempo fa: non che questi siano sbagliati, ma vanno sicuramente aggiornati.

Terminato l'incipit sociologico, c'è da dire che esistono videogiochi utili, sia ad imparare che ad aiutare persone con problemi. Nel primo caso, il tema è quello del coding, di cui alcuni di voi avranno sentito parlare. Si tratta di insegnare ai ragazzi, di primaria e media inferiore, i concetti di base della logica computazionale, usata fino ieri solo per la programmazione informatica nei vari  linguaggi, usando giochi molto noti (ad esempio Minecraft). Con questo non si vuole far diventare tutti programmatori i futuri uomini e donne, ma dare un set di strumenti mentali utili ad ogni tipo di ragionamento logico. Invece, quando i videogiochi possono essere un ausilio per alcune patologie?

Nel 2015 c'erano nel mondo quasi 47 milioni di persone affette da una forma di demenza, di cui le tipologie principali sono: il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare, la demenza a corpi di Lewy. Le previsioni parlano di raddoppio ogni 20 anni, fino a raggiungere circa 130 milioni nel 2050. I costi globali della demenza sono cresciuti da 604 miliardi di dollari nel 2010 a 818 nel 2015, registrando quindi un aumento del 35%; si prevede che raggiungeranno i 1000 miliardi di dollari entro il 2018. In Italia si parla di 600.000 malati solo di Alzheimer, con 11 miliardi di euro spesi in assistenza.  

Sea Hero Quest VR è un gioco di realtà virtuale (VR) progettato per far divertire tutti, persone in salute e soggetti a rischio demenza. Mette alla prova il nostro senso di direzione, registrandone in modo anonimo i risultati. Si gioca al comando di una nave, cercando di attraversare un labirinto d'acqua. Vengono assegnate delle direzioni da memorizzare, poi la guida procede solo con la nostra memoria; alla fine del percorso viene chiesto di sparare verso il punto di partenza, se si riesce a ricordarlo viste tutte le deviazioni effettuate. All'inizio sono richieste alcune informazioni personali, come sesso, età, paese di nascita, per avere un metro di confronto con le medie nazionali. I risultati ottenuti dalla versione per smartphone di Sea Hero Quest, lanciata nel 2015, sono stati sorprendenti: i test effettuati hanno mostrato un lento declino della memoria sin dall'età di 19 anni.

Il nucleo del software VR sta nei calcoli che vengono effettuati durante il divertimento dell'utente. Grazie al visore per realtà virtuale e quindi ai numerosi sensori a bordo, i movimenti e gli errori sono tracciati e registrati, quindi passati anonimamente ad un software che procede con l'analisi e il confronto, utilizzando i risultati ottenuti dagli altri utenti. Mentre la versione mobile di Sea Hero Quest è alla portata di tutti, ma accede a poche informazioni, quelle che lo smartphone può raccogliere grazie al suo hardware di base, la versione con realtà virtuale è progettata per rilevare dettagli minuziosi, movimenti della testa ed altri semplici gesti corporei. Si tratta di una nuova modalità di fornire dati su come la memoria si deteriora nel tempo e, nel caso specifico, come questo influisce sul nostro senso di orientamento.

Sea Hero Quest VR è stato sviluppato con la supervisione di ricercatori della University College London e dalla University of East Anglia. è anche finanziato dalla Deutsche Telekom, oltre a ricevere il supporto della UK Alzheimer's Research. Ma in effetti non è l'unico prodotto sul mercato. Un altro è quello della Tribemix in collaborazione con la Quantum Care: fa uso sempre della realtà virtuale, ma si spinge oltre l'ausilio alle persone con demenza, comprendendo pazienti in età pediatrica, con disturbi respiratori, o con disabilità fisiche. Tutti sostegni importanti che non hanno la presunzione di combattere o sconfiggere queste problematiche, ma di conoscerne più a fondo i meccanismi per identificarne precocemente i segni.




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